«È tutto vero», parola di AI! Intelligenza artificiale e disinformazione

«È tutto vero», parola di AI!

Intelligenza artificiale e disinformazione

credits immagine: boston public library – unsplash.com

Nel nostro viaggio sulle nuove forme di scrittura, iniziato con lo storytelling per i videogame e proseguito immergendoci nella realtà virtuale, non possiamo certo tralasciare la scrittura con l’ausilio della intelligenza artificiale (abbreviato in inglese AI – Artificial Intelligence) di cui abbiamo già oggi diversi esempi. Senza citare i più conosciuti esperimenti del Washington Post (Heliograf) e di Alibaba, pensiamo a Booksby.ai, una libreria online creata da Andreas Refsgaard e Mikkel Thybo Loose, che vende romanzi di fantascienza interamente generati da un’intelligenza artificiale. Grazie al machine learning – disciplina che si occupa di creare sistemi in grado di apprendere – l’AI ha “assorbito” un gran numero di libri sci-fi, imparando così a crearne di nuovi imitando il linguaggio e lo stile di quelli letti (mi chiedo se, nel leggerli, si sia anche divertita).

Per farla davvero molto semplice, l’AI writing è la capacità da parte dell’AI di scrivere in maniera autonoma contenuti testuali basandosi sull’apprendimento del linguaggio dell’uomo.

Che l’intelligenza artificiale sia in grado di imitare alla perfezione la scrittura umana può lasciare interdetti, la possibilità (concreta) che si riveli un potente strumento di disinformazione a uso (e abuso) di regimi, partiti politici od organizzazioni di dubbia limpidezza, la rende decisamente più inquietante.

Mandando in pensione serie distopiche come Black Mirror, l’AI writing ha già raggiunto livelli di guardia. Secondo il Center for Security and Emerging Technology di Georgetown, un potente sistema AI di generazione di testo come il GPT-3 (Generative Pre-trained Transformer) di OpenAI sarebbe perfettamente in grado di automatizzare future campagne di disinformazione.

Le potenzialità “diaboliche” dell’AI come come seminatrice di errori non risiedono solo nel fatto di saper scrivere fake news assolutamente credibili, ma anche nel diffonderle attraverso i canali di comunicazione con la velocità della Mercedes di Lewis Hamilton (qualcuno tempo fa sosteneva che ciò che è virale è anche vero).

Come far fronte a una simile piaga che si preannuncia di proporzioni bibliche?

La buona notizia è che l’intelligenza artificiale, se è in grado di convincerci su idee sbagliate e pericolose, può altrettanto abilmente impedirci di crederci. Gli algoritmi di apprendimento automatico possono fornirci infatti un modo per rilevare la disinformazione, basandosi sull’analisi di una serie di parametri come lo stile di scrittura o le modalità di condivisione degli articoli.

Un interessante ambito di ricerca è proprio quello che ha l’obiettivo di fornire ai lettori strumenti più avanzati per giudicare ciò che leggono: strumenti di intelligenza artificiale (AI) che potrebbero aiutare per esempio a filtrare le notizie vere dalle false verità.

Vero è che l’AI writing mette nuovamente al centro la questione della responsabilità nella comunicazione, soprattutto da parte di chi decide cosa far apprendere a una macchina. All’orizzonte si profila dunque una nuova disciplina: la pedagogia delle macchine.

di
Maurizio Landini
Content writer e narrative designer

Se scrivo è colpa della musica. Mi è capitato un bel po’ di anni fa, ascoltando una cassetta nuova di zecca di Jean Michel Jarre, Rendez-vous, per essere precisi. Volevo in qualche modo metterla su carta e sono nate le prime poesie. Poi è successo che entrambe, la musica e la scrittura, non mi lasciassero più. Due sogni? Lavorare scrivendo e avere molti synth. Il primo si è avverato; al secondo ci sto lavorando.

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